I lavoratori del comparto domestico, ed in generale, quelli che prestano servizio nell’ambito socioassistenziale, sono particolarmente esposti al contagio da “Covid 19”; sussiste inoltre un elevato rischio che i soggetti assistiti e curati possano contrarre la malattia nelle forme più severe.
Molte delle misure volte alla tutela dei lavoratori di fronte alla situazione emergenziale hanno omesso di richiamare la categoria del lavoro domestico.
Fin dai primi provvedimenti emanati nel corso del 2020 (DPCM 11 e 22 marzo 2020 e successivi) i lavoratori domestici sono stati esclusi dalle restrizioni e dai divieti di erogare le prestazioni di lavoro, poiché la relativa attività lavorativa è stata considerata “servizio essenziale”. Essi hanno sempre potuto continuare regolarmente a prestare servizio presso il domicilio del proprio datore di lavoro.
Il “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” delle Parti Sociali e Governo del 14 marzo 2020 (confermato anche dall’ultimo DPCM del 3 dicembre 2020), contenente raccomandazioni per imprese e lavoratori in merito ai protocolli di sicurezza per evitare la diffusione del virus, non ha fatto menzione della categoria dei lavoratori domestici.
Nonostante l’omissione, le associazioni di categoria hanno esortato lavoratori e datori di lavoro a dare attuazione alle misure e ai dispositivi di sicurezza indicati dal Governo, limitando il più possibile gli spostamenti dal domicilio dell’assistito e rispettando le norme igieniche suggerite per evitare il contagio.
Fra queste ricordiamo:
– Informazione ai lavoratori sui rischi da Covid-19 e sulle misure igienico-sanitarie da adottare, con la prescrizione di “rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre o altri sintomi influenzali e di chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria”
– Comunicare prontamente al proprio datore di lavoro situazioni di pericolo: presenza di sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti;
– accettare di non permanere o non entrare proprio nel luogo di lavoro in presenza di queste condizioni;
– anche il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore situazioni di pericolo (sintomi influenzali, contatti con soggetti positivi), inibendo in tali circostanze l’accesso del lavoratore alla sede di lavoro.
-osservare sempre la distanza di sicurezza di un metro, anche in casa, tra i componenti della famiglia e il lavoratore; per le mansioni che non possono essere espletate con il distanziamento, poiché richiedono contatti ravvicinati nella cura delle persone non autosufficienti, è fondamentale l’uso dei dispositivi di protezione conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie (guanti, occhiali, cuffie).
-utilizzare sempre la mascherina
– osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene; eseguire la sanificazione degli ambienti con prodotti specifici.
Anche l’OIL ha recentemente ricordato l’importanza del rafforzamento delle misure di salute e sicurezza dei lavoratori domestici per la prevenzione dei rischi di contagio e di protezione dei lavoratori e delle famiglie.
INFORTUNIO PROFESSIONALE E COVID 19
L’infezione da SARS-coV2 che è stata contratta in occasione di lavoro è equiparata dalla legge all’infortunio professionale (art. 42/2 d.l. 17/3/2020, n. 18 «Cura italia»); sarà il medico legale INAIL a valutare le circostanze concrete e, qualora egli accerti che la malattia è stata contratta in occasione di lavoro, redigerà il certificato di infortunio da trasmettere telematicamente all’INAIL.
Se riconosciuto l’infortunio professionale, il lavoratore avrà quindi diritto a percepire le indennità sostitutive della retribuzione (link alla voce).
Si precisa che le prestazioni INAIL sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato, ovvero di isolamento richiesto dalle autorità sanitarie.