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Colf, badanti e domestici: in Italia uno su due lavora in nero

In Italia il lavoro domestico è una presenza costante nelle vite di tante famiglie: colf, badanti, babysitter, assistenti domiciliari sono figure essenziali per l’equilibrio quotidiano di migliaia di nuclei familiari. Eppure, paradossalmente, proprio questo settore così cruciale resta uno dei più trascurati e irregolari del panorama lavorativo.

Un recente studio condotto da Nuova Collaborazione – l’associazione dei datori di lavoro domestico – in collaborazione con il Centro Einaudi di Torino ha fatto luce su una realtà tanto diffusa quanto sommersa: su circa 1,6 milioni di lavoratori attivi nel settore, solo la metà risulta regolarmente assunta. Il resto vive in una condizione di irregolarità, senza diritti né tutele.

L’invisibilità del lavoro che tiene in piedi le famiglie

Questo fenomeno viene definito come “economia invisibile”: un comparto che rappresenta il 27% dell’intera economia informale italiana. La maggior parte dei lavoratori è composta da donne – quasi il 90% – e migranti, spesso impiegate per prendersi cura di anziani, bambini o delle case, ma senza alcuna garanzia contrattuale.

Alfredo Savia, presidente di Nuova Collaborazione, ha lanciato un appello: serve una strategia nazionale per il lavoro domestico, che coinvolga istituzioni, famiglie e lavoratori. È fondamentale che l’opinione pubblica e le forze politiche riconoscano il valore sociale del lavoro di cura e promuovano percorsi di formazione, incentivi economici e strumenti di regolarizzazione.

Famiglie in difficoltà: i costi della cura pesano sempre di più

L’indagine rivela anche un altro dato allarmante: la spesa delle famiglie per i servizi di cura è in calo dal 2014, segno evidente di crescenti difficoltà economiche. Le famiglie con un reddito inferiore ai 2.000 euro al mese sono spesso costrette a usare i risparmi o addirittura a indebitarsi per pagare il supporto domestico.

A livello territoriale emergono forti diseguaglianze: nel Nord-Ovest e nel Centro Italia, circa il 30% dei lavoratori domestici è regolare. Nel Mezzogiorno, invece, le percentuali crollano, con effetti pesanti anche sull’occupazione femminile, che in queste zone resta estremamente fragile.

Chi lavora nel settore? Sempre più italiani, ma senza tutele

L’età media dei lavoratori domestici è di 51 anni e mezzo, e quasi sette su dieci sono stranieri. Tuttavia, c’è un dato positivo: il numero degli italiani impiegati in questo ambito è aumentato del 20% negli ultimi dieci anni. Il problema è che manca una rete di formazione strutturata e accessibile, capace di valorizzare le competenze e professionalizzare il settore.

Le proposte per cambiare rotta

Per invertire la rotta, Nuova Collaborazione propone un piano in quattro punti:

  1. Introduzione di un credito d’imposta flessibile per le spese di cura;
  2. Un bonus assunzione per incentivare le famiglie a regolarizzare i lavoratori;
  3. Percorsi formativi riconosciuti e gratuiti;
  4. Una maggiore collaborazione tra pubblico e privato.

Obiettivo? Rendere il lavoro domestico più giusto, più sicuro e più sostenibile sia per chi lo offre, sia per chi ne ha bisogno.

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Lavoratori domestici sempre più introvabili e costosi: il difficile equilibrio tra domanda e offerta