I diritti correlati al contratto di lavoro, derivanti da disposizioni inderogabili di legge o del contratto collettivo (ad esempio: retribuzione, ferie, riposi etc.) sono qualificati dalla legge come inderogabili e irrinunciabili.
Ciò significa che eventuali rinunce (il lavoratore rinuncia al suo diritto) e transazioni (concessione fra le parti per mettere fine a una lite) effettuate dal lavoratore domestico su tali diritti sono considerate dalla legge, seppur con temperamenti circa la tipologia del diritto e la fase contrattuale, invalide.
Le rinunce e le transazioni invalide possono essere impugnate dal lavoratore dalla cessazione del rapporto di lavoro o dalla rinuncia (o transazione), se successiva alla cessazione.
La legge prevede tuttavia la possibilità di effettuare rinunce e transazioni valide, e quindi non impugnabili, se questi atti sono compiuti presso determinate sedi protette in occasione di una conciliazione stragiudiziale:
-commissioni istituite presso la Direzione territoriale del lavoro
-sede sindacale
-collegio di conciliazione e arbitrato irrituale
-presso il Giudice, durante la prima udienza del processo del lavoro
-Commissioni di certificazione
(art. 2113 cod. civ.)